Riflessione su vaccini e psicologi

In questo periodo è stato enorme il mio personale sgomento nell’apprendere di colleghi Psicologi e Psicoterapeuti promulgatori di pensieri “No Vax”, “No Green Pass”, propensi a considerare le misure emergenziali del Governo per contrastare la Pandemia da Covid-19 una sorta di “dittatura sanitaria”. Nel rispetto delle idee di ognuno, libero di esprimerle in contesti informali tra amici, mi sento però di dire che non è il caso di prendere questo tipo di posizione soprattutto nel rispetto della nostra professione, permettendomi di invitare i colleghi – e non solo loro – ad alcune riflessioni.
La lettera-manifesto del CNOP (Consiglio Nazionale Ordine Psicologi) pubblicata tre giorni fa, il 23.08.2021, sul sito istituzionale (https://www.psy.it/psicologi-sui-vaccini-serve-senso-di-responsabilita.html) vuol mettere in chiaro una volta per tutte la posizione della nostra professione nei confronti della campagna vaccinale contro il Covid-19, ossia richiama alla necessità del senso di responsabilità degli Psicologi Italiani riguardo i vaccini.
Gli Psicologi e le Psicologhe devono sottoporsi alla vaccinazione in quanto appartenenti ad una professione sanitaria (legge 3/2018), obbligo stabilito dal Decreto Legge 44/2021 convertito poi in Legge 76/2021: da questo punto di vista, il termine “obbligo” pare rimandare ad una sorta di passività riguardo le decisioni del Governo, e per questo motivo molti colleghi hanno opposto resistenza, storcendo il naso ed opponendosi alla prescrizione, esprimendo timori comprensibilmente legittimi, ma spesso arrivando anche a conclusioni – ahimè – “personalizzate” e poco scientifiche, contrarie quindi allo spirito che dovrebbe permeare il pensare e l’agire di noi professionisti della salute mentale, scevro da distorsioni pseudo-paranoiche.
“Le opinioni personali sono libere, ma questa libertà non può essere mai assoluta, e deve tener conto di aspetti oggettivi e responsabilità collettive. Vanno sempre ricordati i doveri e le responsabilità, deontologiche e normative, proprie di chi si occupa di tutela della salute. E le posizioni personali non possono trovare giustificazione forzando i dati e le evidenze scientifiche, o interpretandoli in modo parziale.
Gli psicologi devono agire tenendo conto – come stabilisce la legge 24/2017 e come prescrive il Codice Deontologico – delle evidenze scientifiche, e delle buone prassi condivise dalla comunità scientifica e professionale”, sottolinea il CNOP.
E ancora: “Gli psicologi non devono inoltre partecipare o avvallare procedure di cura che non abbiano una solida validazione scientifica, o che addirittura siano contrarie ai protocolli indicati dalle istituzioni sanitarie, come l’Istituto Superiore di Sanità o il Ministero della Salute.”
Personalmente ritengo sia preferibile, nell’attuale situazione, assumere al contrario un atteggiamento attivo: l’adesione alla campagna vaccinale dovrebbe configurarsi come scelta personale, come un’opportunità, piuttosto che come un’imposizione digerita di malavoglia.
L’utilizzo del vaccino dovrebbe essere concepito e vissuto in funzione a noi strumentale: non come strumento di repressione, controllo e discriminazione (simboleggiati soprattutto dal possesso o meno del “Green Pass”) da parte del Governo o di fantomatici “Poteri Forti”, ma come chiave per poter riaprire le porte della vita, della socializzazione, della riappropriazione – pur se graduale – della nostra libertà, individuale e collettiva.
Anche perché, come sottolineato dall’avvocato, accademico e giornalista Gerardo Villanacci nel suo editoriale del 24.08.2021 sul “Corriere della Sera” (https://www.corriere.it/opinioni/21_agosto_24/contro-virus-prevenire-conflitti-sociali-10c151d8-04ee-11ec-9d77-15c71dae99d1.shtml), l’obiettivo del Governo (e, mi permetto, anche dei professionisti della salute mentale che lavorano con le persone, che per definizione di Aristotele sono appartenenti e costituenti della società) deve essere quello di lottare contro il virus, prevenendo però i conflitti sociali, vera e propria “bomba” pronta ad esplodere alla quale è necessario spegnere per tempo la miccia.
“Ecco quindi che l’esplosione del conflitto sociale, vale a dire la più pericolosa insidia prodotta direttamente dal virus, deve essere in ogni modo scongiurato poiché costituisce il vero ostacolo alla cooperazione che è il più potente motore della crescita. Non vi è niente di peggio in questo tempo, che assumere atteggiamenti competitivi che molto spesso trascendono dall’interesse generale per trasformarsi in una lotta di potere o di consensi elettorali, dimenticando che solo l’ interdipendenza tra tutti gli obiettivi può consentire che gli stessi siano efficacemente raggiunti.
Diversamente il conflitto si risolve con l’imposizione di una parte sull’altra.
Quindi, per quanto difficile, i contrasti, anche in una condizione emergenziale, possono essere prevenuti con la creazione di un clima di fiducia. Ciò può avvenire accelerando il cammino verso l’autorevolezza che deve estendersi ad ogni ambito delle Istituzioni e a tutti coloro che a vario titolo, nel pubblico come nel privato, sono preposti a svolgere funzioni di responsabilità e rappresentatività. È un dato che soltanto la piena fiducia nella fonte di produzione di provvedimenti, consente ai cittadini il loro convinto rispetto.
Nello specifico del Green Pass, così come per altre regole evidentemente violative di irrinunciabili diritti, va chiarito che si tratta di eccezioni che, in quanto tali, hanno una limitata, possibilmente molto contenuta, durata. E che, in nessun caso, possono farci regredire ad uno stato pregiuridico oppure di eccezione permanente”, scrive il professor Villanacci.
In conclusione, il compito degli psicologi, in un momento così difficile e traumatizzante per la nostra società, dovrebbe essere quello di…fare gli psicologi. Mostrare cioè sufficiente apertura mentale ed empatia nei confronti dei vissuti angoscianti, dei pensieri terrorizzanti (ancorché poco corretti e privi di obiettività), delle paure, timori, credenze delle persone, ma non limitarsi solo a comprendere, ad accogliere, in nome di una supposta “libertà di pensiero”. Il nostro compito è quello più attivo di capire, ed aiutare la società a capire, i motivi che stanno alla base di questa impasse generalizzata, di questo blocco, di questo trauma che deve essere elaborato per poter essere superato, sia individualmente che socialmente.
Dobbiamo favorire all’interno di noi stessi in primis, e della Società poi, un clima di fiducia nella Scienza, nelle Istituzioni, libera da vincoli di natura squisitamente politica, o da impedimenti le cui radici affondano in retaggi culturali del passato o aspetti psicologici ove presenti (propensione all’ansia, percezione del rischio, vissuti traumatizzanti, esperienze traumatiche pregresse, visione più individualistica piuttosto che altruistica, tendenza al cospirazionismo, etc).
Per favorire questo tipo di crescita, i nostri primi pazienti dobbiamo essere noi stessi, professionisti sanitari, cercando di capire le motivazioni che stanno alla base delle nostre convinzioni, a volte errate, sui vaccini, ricordando che l’antivaccinismo è antico quanto i vaccini (vedere l’articolo del 23.08.2021 su https://facta.news/storie/2021/08/23/i-no-vax-non-sono-quelli-che-pensiamo).
Noi psicologi abbiamo la responsabilità della serenità ma anche della salute dei nostri pazienti, non possiamo permetterci di diventare complici, seppure involontari, di atteggiamenti superficiali o addirittura autodistruttivi; dobbiamo avere a cuore la persona che si rivolge a noi, sia come individuo unico, sia come appartenente alla nostra società, dalla quale non possiamo prescindere. Abbiamo la responsabilità morale, il dovere, di far progredire il paziente nella propria crescita personale, ma anche di salvaguardare la collettività della quale lui e noi facciamo parte.
Per questo invito noi tutti, pacatamente e serenamente, ad una riflessione su quanto i nostri pazienti e la collettività in generale guardano a noi come ad un faro, ad una guida alla quale affidarsi in questo momento di difficoltà generalizzata nel quale tutti abbiamo le nostre ferite da curare.
Su quanto potere abbiano le nostre parole e i nostri atteggiamenti in virtù del ruolo che ricopriamo.
Non esacerbiamo i vissuti di rabbia, di ingiustizia, non prestiamo il fianco ad una visione esclusivamente negativa: è arrivato il tempo di assumere un atteggiamento positivo, di speranza, di crescita, di ricostruzione. E la vaccinazione aiuta, in questo. Non possiamo non riconoscerlo.
Da ultimo, un augurio: buon lavoro a tutti noi, buona ricostruzione!